La VEGETAZIONE COSTIERA DELL'EMILIA ROMAGNA
a cura di Luca Vignoli
Le lagune salmastre e la vegetazione alofila

 


LA VEGETAZIONE SALMASTRA


Le zone umide (sia dolci che salmastre) sono state definite come “le aree palustri, acquitrinose o torbose o comunque specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, compresi i tratti di mare la cui profondità non ecceda i 6 metri con la bassa marea” durante la Conferenza internazionale di Ramsar, Iran, del 1971 (*Ramsar, 1971). Le zone umide salmastre comprendono tutti i corpi idrici costieri in cui si mescolano le acque dolci continentali e quelle salate marine in cui, a seconda delle maree e della portata dei fiumi, la salinità assume di volta in volta diversi valori di salinità intermedi.

Come già anticipato possono essere classificate in un’ampia gamma di tipologie diverse.

· Gli estuari - I fiumi che giungendo alla foce non creano depositi di sedimenti a ventaglio (a differenza di quanto avviene nel caso di una foce a delta) creano un estuario, ossia sfociano in un unico canale o ramo.


· I delta fluviali - Un delta fluviale o semplicemente delta è un accumulo di sedimenti, o corpo sedimentario, che si forma in un'area di foce dove un corso d'acqua convoglia sedimenti terrigeni in un bacino con una massa d'acqua relativamente stazionaria. Dipendentemente dal tipo di bacino (mare o lago), si può avere quindi un delta marino o un delta lacustre.


· I cordoni sabbiosi
· Le cuspidi deltizie
· Le lagune costiere
· Le lagune interne
· Le lagune deltizie
· Gli stagni retrodunali
· Le saline
· I laghi costieri
· Le valli salmastre

In esse inoltre possiamo ritrovare i seguenti elementi:

· Stagni,
· Acquitrini,
· Pozze salmastre,
· Velme e barene



Le acque salmastre presentano una concentrazione media di sali che può oscillare da un minimo di 0.5 ad un massimo di 35 g/litro. Solitamente tale concentrazione non è mai costante e varia nell’arco dell’anno, in base alle stagioni, alla piovosità e/o all’irraggiamento solare ed alla temperatura, alle fasi di marea ed agli apporti fluviali di acqua dolce. Le lagune costiere salmastre del litorale emiliano romagnolo costituiscono il margine meridionale di tutto quel complesso sistema lagunare dell’alto Adriatico che va da Grado a Ravenna.

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LE SPECIE ALOFILE

I territori costieri salmastri emersi (o quantomeno emersi per la maggior parte dell’anno) sono caratterizzati dalla presenza di acque circolanti che possiedono, a causa degli apporti di acqua marina e dell’intensa evaporazione, una concentrazione salina più elevata di quella dell’acqua marina. Questi suoli salati, fisiologicamente aridi in quanto l’elevata concentrazione di sali dà luogo ad una pressione osmotica tale da impedire alla maggior parte delle piante di assorbire acqua dolce, sono detti suoli “alomorfi”. Fintanto che la concentrazione salina rimane al di sotto dello 0,5% (massimo 1%) i sali agiscono come stimolatori per la crescita dei vegetali. Quando però tale concentrazione risulta superiore i sali diventano tossici per le tutte piante, eccetto naturalmente per quelle alofile appunto.
Le specie alofile (o “alofite”) sono le uniche che riescono a crescere negli ambienti salati. Esse hanno bisogno di terreni con concentrazioni saline almeno superiori all’1-2% ed alcune per brevi periodi riescono persino tollerare concentrazioni pari al 20%, cioè a 200 grammi di sale per litro d’acqua. Generalmente comunque la concentrazione di NaCl in questi suoli alomorfi varia tra il 2 ed il 6%.

Le specie alofile sono quindi piante adatte sia ai suoli salati (“alofile” appunto) che, di conseguenza, a quelli aridi (“xerofite”). Esse presentano modi e gradi diversi di adattamento a seconda sia delle specie che possono essere ricondotte a 3 modelli generali:

I) Alcune chenopodiacee quali per esempio i generi Salicornia, Salsola e Suaeda accumulano cloruro di sodio (NaCl) all’interno dei vacuoli cellulari e somigliano alle cosiddette piante “grasse” con fusti e foglie succulente. Nei loro tessuti la concentrazione salina può arrivare fino al 10%, come nel caso della Salicornia, e questo gli permette di assorbire acqua dall’ambiente esterno grazie all’elevata tensione di assorbimento osmotico generata.

II) Una scarsissima permeabiltà ai sali è invece caratteristica delle radici di altre piante alofite quali il genere Artemisia (A.coerulescens ed A.maritima) e l’Aster Tripolium. Queste specie vivono su suoli meno salati delle precedenti e ricavano la tensione di assorbimento necessaria per l’assunzione dell’acqua accumulando nelle loro cellule composti organici.

III) Il terzo gruppo di piante alofile è infine costituito da quelle specie con radici sprovviste di barriere fisiologiche che assorbono l’acqua salata ma riescono poi ad espellere il sale attraverso apposite cellule secretrici presenti nel fusto e nelle foglie. Il genere Limonium ne è un tipico esempio. A questo gruppo appartengono molte specie, tipiche non solo dei suoli salati costieri ma anche di quelli continentali desertici e/o di steppa.


LE COMUNITA’ ALOFILE

A seconda delle diverse condizioni ambientali quali il tipo di suolo (sabbioso, limoso o argilloso), la durata media di emersione dall’acqua, la concentrazione salina dell’acqua circolante, ecc... si instaurano comunità di piante alofile diverse.


LA SUCCESSIONE VEGETAZIONALE SALMASTRA


Innanzitutto è giusto notare che la zonizzazione vegetazionale tipica delle velme, delle barene ed in generale di tutti gli stagni salmastri, dipende dalla durata del periodo di emersione: persistente, parziale oppure occasionale.

 

LA VEGETAZIONE SOMMERSA

La vegetazione perennemente sommersa (sia piante superiori che alghe) non è selezionata solo da fattori quali salinità temperatura e profondità ma anche dalla granulometria del suolo:

· I fondali sabbiosi sono spesso popolati dal Lamprothamnieto, associazione pioniera dominata dall’alga verde “a candelabro” Lamprothamnium papolosum.

· I fondali sabbiosi mediterranei più profondi, prettamente marini sono popolati dalla Posidonia oceanica, una pianta superiore facente parte del gruppo delle angiosperme (che produce fiori e frutti) estremamente importante per lo sviluppo della catena trofiche marina. Questa pianta comunque non è presente lungo le coste emiliano-romagnole adriatiche.

· I fondali fangosi di profondità molto bassa, talvolta emersi nei periodi estivi, sono popolati dall’angiosperma acquatica (pianta superiore) Ruppia spiralis, spesso accompagnata dalla presenza di alghe verdi quali la Valonia aegagrophila, la Chaetomorpha linum.

· I fondali fangosi più profondi perennemente sommersi (da 1 a 10 metri) invece sono spesso popolati dalle piante (non alghe) Zostera marina e Zostera noltii.

· Nelle acque salmastre di stagni e fossati vicini al mare dominano specie quali il Fieno di mare (Ruppia maritima) la Zanichellia (Zanichellia palustris) e più raramente la Ranocchina maggiore (Najas marina). Altre piante superiori comunemente associate a quelle appena citate sono la Brasca delle lagune (Potamogeton pectinatus), il Ranuncolo di Baudot (Ranunculus baudotii) e la Gamberaia ottusa (Callitriche obtusangola).

· Negli estuari, dove vi è una progressiva minore concentrazione salina via via che si procede verso l’interno, sono tipici il Cappellino comune (Agrostis stolonifera) se non viene effettuato lo sfalcio mentre in caso contrario spesso predomina la Cannuccia di palude (Phragmites australis). Queste piante comunque bisogna sottolineare non riescono a tollerare salinità maggiori dell’1%.

 

LA VEGETAZIONE TERRESTRE DEGLI STAGNI SALMASTRI

Le prime vere piante terrestri delle velme, delle barene e dei bassi argini degli stagni salmastri periodicamente emersi/sommersi sono le Salicornie.
Sono piccole piante carnose che danno luogo a vaste praterie di cui esistono molte specie di Salicornia, tutte molto simili tra loro ed estremamente difficili da classificare con precisione.
Durante la maggior parte dell’anno sono di colore verde o verde-marrone ma durante il periodo autunnale alcune specie, tra cui innanzitutto la Salicornia venetae, assumono una caratteristica colorazione rossa. Alcune specie di Salicornia sono annuali (Salicornia europeae) mentre altre, come l’Arthrocnemum perenne, l’ Arthrocnemum fruticosum e Arthrocnemum glaucum vivono per diversi anni.

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Grazie alla loro presenza i limi vengono accumulati e via via danno luogo all’innalzamento del suolo che, non essendo più soggetto all’immersione, permette l’instaurarsi della comunità vegetale successiva dominata da Graminace e del genere Puccinellia.


I territori marginalmente interessati dalle maree (e quindi dall’afflusso di acque salmastre) spesso sono anche colonizzati dallo Sparto di Townsend (Spartina x. townesendii). E’ una specie molto resistente alle salinità elevate che forma gruppi sparsi, accumula sedimento ed induce quindi anch’essa l’innalzamento del suolo. Si riproduce sia tramite semi che rizomi ma il progressivo accumulo dei propri resti ne limita la persistenza. Sembrerebbe che essa sia stata originata dall’ibridazione spontanea tra una specie nordamericana (Spartina alterniflora) e la specie europea Spartina maritima.

La comunità successiva a quella della Spartina, situata ad un livello leggermente più elevato, è rappresentata dalle praterie dominate da Puccinellia maritima. Anch’essa tollera molto bene periodici momenti di sommersione in acque salmastre anche a salinità elevate e, come anche le praterie di Spartina, riesce dare origine ad accumuli di limo che possono arrivare a 5 cm all’anno.
I Puccinellieti si sviluppano generalmente in una zona che può andare dai 15 cm al di sotto ai 25 cm al di sopra del livello medio dell’alta marea. Solitamente generano dei tappeti erbosi compatti in cui spuntano altre specie vegetali alofile quali:

§ Halimione portulacoides (Porcellana di mare)
§ Suaeda marina
§ Spergularia media
§ Cochlearia anglica
§ Glaux maritimus
§ Limonium vulgare (Limonio comune)
§ Plantago maritima (Piantaggine marina)
§ Aster tripolium (Astro marino)
§ Artemisia marino (artemisia marittima)
§ Triglochin marino (Giuncastrello marino)



Successivamente ai puccinellieti, o a volte in concomitanza, vi è una zona a giunchi generalmente dominata dal Juncus gerardii accompagnato a sua volta dalle seguenti specie:

§ Armeria maritima (Spillone marittimo)
§ Limonium vulgare (Limonio comune)
§ Plantago maritima (Piantaggine marina)
§ Triglochin maritima (Giuncastrello marino)
§ Festuca rubra (Festuca rossa)
§ Agrostis stolonifera (Cappellini comuni)


Successivamente alla zona popolata dal Juncus gerardii che si sviluppa tra i 10 ed i 30 cm sopra il livello medio dell’alta marea, nelle zone più interne rispetto al mare compare tra i 20 ed i 40 cm la zona dominata dal Giunco marittimo (Juncus marittimus).

All’interno di quest’ultima comunità comunque vivono molte specie già presenti nel giuncheto a Juncus gerardii (compreso lo stesso Juncus gerardii) ma in più sono spesso anche presenti specie quali l’Atriplex hastata ed il Sedano selvatico (Apium graveolens).