La VEGETAZIONE COSTIERA DELL'EMILIA ROMAGNA
a cura di Luca Vignoli
La duna costiera e le comunità vegetali psammofile


L'ambiente costiero delle sabbie (spiagge e dune) costituisce un caso esemplare di “ambiente estremo". Il vento trasporta piccolissime goccioline di acqua marina insieme a grandi quantità di minuscoli granelli di sabbia creando un vero e proprio "aerosol" che smeriglia ed incrosta di salsedine tutto ciò che incontra, sommergendo rapidamente i rami e le foglie delle piante. Oltre a questo, a causa sia dell'eccessivo drenaggio delle acque piovane nel terreno sabbioso che dilava via i nutrimenti minerali che dell’intensa evaporazione causata dal sole e dal vento, il suolo ed il sottosuolo sabbiosi risultano essere "fisiologicamente" aridi. (10)(11)

L'intensità di questi fattori estremi e delle loro risultanti in ogni caso decresce via via con l'aumento della distanza dalla battigia, dando origine a situazioni progressivamente più permissive e consentendo un aumento di diversità specifica man mano che si procede verso l’interno.

Visto anche il fatto, infine, che tale substrato è anche fisicamente molto instabile e mobile, ne deriva che la formazione delle comunità vegetali è spesso molto difficile e solo poche specie vegetali altamente specializzate vi riescono a vivere: sono queste le piante "psammofile", ovvero le piante delle sabbie, che hanno adottato particolari e ben specifici adattamenti morfologici e fisiologici:

-Adattate ad ambienti fisiologicamente aridi ma non salati, vivono sempre ad un livello decisamente superiore a quello dell’alta marea, in modo da essere innondate da acque salate solo saltuariamente e per periodi molto brevi
-Alcune hanno radici molto sviluppate per poter raggiungere in profondità l'acqua, dolce, che scarseggia in superfici, altre invece in orizzontale in modo da raccogliere la maggior quantità possibile di acqua piovana
-Possiedono una notevole resistenza all'ambiente aereo salmastro, ovvero ai cristalli di sale minutissimi trasportati dai venti che possono smerigliare le gemme e le foglie delle piante.
-Generalmente sono basse o presentano un portamento prostrato per opporre al vento una resistenza limitata.
-Producono germogli a diverse altezze per evitare il completo seppellimento da parte della sabbia portata dal vento.
-Hanno foglie con una colorazione chiara per proteggersi dai raggi del sole.
-La superficie delle foglie ridotta al minimo ricoperte da una leggera peluria per evitare un'eccessiva traspirazione.
-Possiedono sistemi di accumulo di acqua nelle foglie, che hanno spesso aspetto carnoso (crassulenza).
-Possiedono una ridotta traspirazione, per evitare l’eccessiva evaporazione causata dal forte irraggiamento solare.

*www.ambiente.venezia.it

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In generale è giusto osservare che il sistema delle comunità vegetali psammofile costiere costituisce una sorta di “diaframma elastico" su cui si attutiscono fortemente gli effetti del mare e che la sua presenza è condizione necessaria sia per l'equilibrio della diversa vegetazione naturale retrostante che per il mantenimento delle dune e delle spiagge e la loro resistenza all’azione erosiva del mare.

Una sana situazione litoranea, con dune progressivamente più stabili e basse macchie nelle dune più interne, è in grado di alzare i venti salsedinosi carichi di aerosol marino e di limitare quindi la quantità di sabbia trasportata lontano dal vento, condizioni queste indispensabili per consentire l'esistenza di comunità forestali stabili retrostanti al sistema dunale.

Non bisogna nemmeno dimenticare che la situazione che oggi si osserva nello spazio riassume quindi un fenomeno storico. Le comunità del sistema dunale psammofilo non sono legate soltanto da rapporti spaziali ma anche da rapporti temporali dinamici, sia di breve che di lungo periodo. Ci basti pensare per esempio al caso dell’evoluzione costiera dell’Emilia Romagna e del delta del Po degli ultimi 3000 anni: successivamente ai vari abbassamenti del livello marino ed ai progressivi apporti sedimentari delle torbide fluviali che hanno portato all'avanzamento della linea di spiaggia, il conseguente progressivo avanzamento delle comunità psammofile pioniere dunali (il Cakileto e l'Agropireto) e la loro successiva sostituzione nelle zone retrostanti da parte di comunità vegetali più complesse e stabili conducono ad un ulteriore stabilizzazione del territorio consolidandone definitivamente l’avanzata verso mare. In questa prospettiva, le comunità pioniere psammofile rappresentano gli stadi iniziali del sistema mentre quelle retrostanti più complesse gli stadi progressivamente più "maturi" ed antichi. (10)(11)

Dalla battigia verso l'interno, comprende le seguenti comunità:

-il Cakileto, al margine interno della battigia,

-l'Agropireto, nelle dune più "basse" al limite interno della "spiaggia",

-l'Ammofileto, sulle dune "mobili" e basse macchie a ginepro e olivello spinoso sulle dune più interne e consolidate.

 


LA SPIAGGIA E LE DUNE COSTIERE

Dal un punto di vista tecnico la spiaggia comincia sott’acqua alcuni metri prima della battigia, cioè della zona di intervallo tra la bassa e l’alta marea dove si infrangono le onde. Proseguendo verso terra, dopo la battigia inizia la spiaggia sempre emersa che segue un profilo di altezza crescente fino alle prime dune di sabbia ancora più elevate.

Sulla battigia [zona intercotidale o intertidale] si infrangono le onde del mare che con i loro spruzzi alzano in aria i granelli di sabbia che poi il vento preleva e porta verso l’interno. Intercettata dalle piante psammofile che crescono sulla sabbia, i granelli si depositano alla loro base e così, pian piano, progressivamente, ha luogo la crescita delle dune. Senza queste piante le dune non potrebbero costituirsi naturalmente in quanto senza la loro azione intercettante i venti trasporterebbero la sabbia molto più all’interno ed in maniera molto più dispersa.

Partendo dalla battigia e progredendo verso l’interno incontriamo diverse tipologie successive di ambienti e relative comunità vegetali:

-zona di battigia, afitoica (priva di vegetazione)
-zona di riva o di semplice spiaggia (comunità intercotidali)
-dune costiere 1° (Cakileto ed Agropireto)
-dune bianche 2° (Ammofileto)
-dune grigie stabilizzate (Tortuleto-Scabioseto)
-dune brune consolidate (Arbusteto)
-depressioni interdunali
-paleodune (rimboschite a Pinus maritimus in Emilia Romagna)

PROFILO COSTIERO
SPIAGGIA
DUNA COSTIERA
DUNA BIANCA
DUNA GRIGIA
DUNA BRUNA



SPIAGGIA
- Innanzitutto, partendo dal mare sino ad arrivare alla zona di sabbia non più raggiunta dalle onde vi è la spiaggia. Sebbene generalmente "afitoica" (priva di vita vegetale), anch’essa è di fondamentale importanza per l'equilibrio del sistema litoraneo costiero nel suo complesso: le modificazioni della sua estensione, indipendentemente dalle cause, coinvolgono infatti direttamente tutte le comunità vegetali retrostanti. Le comunità intercotidali si sviluppano sulla spiaggia subito oltre il livello dell’alta marea dove vengono depositati i detriti portati dalle onde. Questi detriti, di origine soprattutto vegetale, portano con sé una quantità variabile di semi vitali fornendo alla sabbia durante la loro decomposizione vari nutrienti minerali ed addirittura riuscendo ad aumentarne la capacità di ritenzione idrica, funzionando un po’ come una spugna per l’acqua piovana e riparando la sabbia sottostante da una troppo veloce evaporazione.
In genere queste comunità danno luogo a coperture trascurabili e spesso molto effimere in quanto rimangono soggette all’azione depositiva e/o erosiva delle onde. Quando però l’accumulo di detriti organici prevale significativamente sulla loro asportazione, è possibile l’instaurarsi di comunità vegetali temporanee. Tali comunità inizialmente sono caratterizzate da un elevato numero di specie diverse che nascono dai semi arrivati insieme ai detriti o trasportati dal vento. Dopo la fase di germinazione (favorita dall’acqua dolce piovana trattenuta dal tappeto di detriti organico) il numero delle specie inizialmente presenti tende progressivamente a diminuire a causa dell’ineliminabile elevato grado di salinità ed aridità ambientale circostante.
A meno che l’ambiente fisico non evolva a zona umida costiera (e quindi ad energia ondosa assente) oppure a duna sabbiosa (cioè con un’altezza tale da non essere più raggiungibile dalle onde marine) le comunità vegetali intercotidali sono destinate ad estinguersi. Nel caso invece l’ambiente riesca ad evolvere ad uno delle due situazioni, la comunità vegetale pioniera iniziale comunque scomparirà evolvendo a comunità tipica di duna costiera o di zona salmastra.

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DUNA COSTIERA
- Di seguito viene la duna costiera ( o duna 1°); protetta dalla spiaggia dagli effetti diretti del moto ondoso, essa rappresenta la prima fascia di territorio emerso popolata da specie vegetali terrestri. Su di esse si instaura e cresce la prima comunità vegetale vera e propria: il Cakileto. Individuabile come la "prima linea di difesa vivente" dell'ecosistema litoraneo, è formato da poche specie a scarso sviluppo vegetativo superficiale, ma con ampi e diffusi sistemi radicali, che creano un primo ostacolo alla mobilità della sabbia. Il nome della comunità deriva da quello della piccola Crocifera che la caratterizza, la Cakile maritima, a cui si molto spesso si accompagnano lo Xanthium italicum e la Salsola kali.
In realtà da molti studiosi il Cakileto è considerato soltanto come il margine esterno della comunità vegetale retrostante, l'Agropireto, le cui specie più vistose e caratterizzanti sono: l’Agropyron junceum, una graminacea cespitosa dai lunghi rizomi striscianti, che dà il nome all'associazione, l’Eryngium maritimum, e la Calystegia soldanella (Convolvolo delle sabbie). L'Agropireto segna effettivamente il limite interno della spiaggia e corrisponde ad una modesta capacità di fissazione della sabbia, operata dai cespi di Agropyron junceum. (10)(11).
Le classiche dune costiere da noi conosciute, devono la loro crescita ed esistenza allo sviluppo di queste piante graminacee perenni capaci di crescere in condizioni di elevata aridità e salinità. Queste piante sono la gramigna delle sabbie (Elymus farctus, generalmente citato come Agropyron junceum ed Agropyron junciforme) e l’orzo delle sabbie (Leymus arenarius, noto comunemente come Ammophila arenaria o Ammophila littoralis). Esse producono lunghi stoloni orizzontali e verticali su cui crescono le parti aeree della pianta che a loro volta intercettano e trattengono la sabbia che altrimenti il vento trasporterebbe lontano dalla riva. In questo modo esse innescano e permettono il processo fisico di costituzione della duna costiera. Sono in grado di dare origine ad accumuli di sabbia alti fino a 30 cm ogni anno. Naturalmente non solo le graminacee ma anche tutte le altre specie vegetali che crescono sulla duna costiera partecipano attivamente alla sua crescita; semplicemente le graminacee sono quelle che producono la maggior azione “costruttiva” in quanto possono crescere fino ed oltre un metro di altezza. In Emilia Romagna le dune costiere generalmente arrivano ad un’altezza di circa 3 metri ma possono arrivare addirittura fino a 5-6 metri; il processo di crescita verticale della duna costiera infatti termina quando arriva ad avere un’altezza maggiore dell’altezza cui il vento può alzare in volo i granelli di sabbia.

Cakile maritima
Xanthium italicum
Salsola kali

 

DUNA BIANCA - Di seguito, progredendo verso l’interno, troviamo le dune 2°, dette anche dune bianche, che costituiscono una successiva linea dunale retrostante a quella primaria, più elevata ed in certo modo più stabile, sebbene sempre molto mobile.
Anche qui la principale specie colonizzatrice e stabilizzatrice è la graminacea dello sparto pungente (Ammophila arenaria). Le dune formate dallo sparto pungente sono caratterizzate da superfici di sabbia nuda sui fianchi e nelle depressioni alternate da cespi di sparto sulle creste. (12). L’Ammophila tra l’altro cresce e si diffonde, oltre che con lunghi stoloni verticali ed orizzontali, anche con una modalità detta a struttura aperta, dove i suoi cespugli crescono spontaneamente separati gli uni dagli altri da aree di sabbia libera che vengono però presto colonizzate dalle altre specie vegetali. Questa graminacea forma un efficace ostacolo alla sabbia trasportata dal vento trattenendola nei suoi densi cespugli. Si formano così cumuli isolati di sabbia che poi lentamente tendono a confluire ed unirsi per dare luogo ad accumuli sabbiosi prima ed a dune vere e proprie subito dopo. All'azione di consolidamento della duna 2° contribuiscono in realtà diverse altre specie, come l’Echinophora spinosa e la Medicago marina che sono proprie di una fase "matura" dell'Ammofileto.
Successivamente, dietro le dune 2°, l'accumulo dei residui vegetali, il loro apporto di nitrati e il compattamento del suolo favoriscono l'ulteriore insediamento di diverse altre specie vegetali come per esempio l’Ambrosia maritima, l’Oenothera biennis e la Conyza canale.
Quando, indipendentemente dalle cause, l’erosione marina diviene risulta essere significativa, il mare distrugge le prime dune dell'Agropireto apportando però contemporaneamente nuova sabbia sulle dune più elevate dell'Ammofileto e sulla vegetazione retrostante. La conseguenza più vistosa di questa situazione è costituita dalla regressione locale dell’Ammofileto verso l'Agropireto e quindi dall'instaurarsi di compenetrazioni tra le due comunità. Oltre a questo, però, più in generale si osserva una retrocessione spaziale dell'intero sistema psammofilo ed un "costipamento" delle sue associazioni, con danni spesso irreversibili alle vegetazioni ed ai boschi retrostanti.

Agropyron junceum
Calystegia soldanella
Eringium maritimum
Euphorbia peplis
Euphorbia paralias
Cyperus kalli


Progredendo poi ulteriormente verso l’interno, dopo le dune secondarie in cui prevale l’Ammofileto, le dune più interne e il loro retroduna sono popolate da una comunità (il Tortuleto-scabioseto) dominata da un muschio, la Tortula ruralis, e da una Dipsacacea, la Scabiosa argentea.
Qui grazie alla scarsa inclinazione del suolo le acque di pioggia non erodono il suolo sabbioso, ma percolano lentamente, favorendo così l'accumulo di sostanza organica. La copertura di muschio trattiene notevoli quantità di acqua ed il suolo è notevolmente più stabile rispetto a quello delle associazioni precedenti. Nel Tortuleto-Scabioseto si insediano facilmente suffrutici e arbusti: Fumana vulgaris, Hippophae rhamnoides (l'olivello spinoso) e Juniperus communis (il ginepro), caratterizzano queste dune più interne.
Nell'ambito di quest’ultima comunità, o situazione geo-vegetazionale, l’essere umano ha operato frequenti interventi di rimboschimento con pino marittimo (Pinus pinaster) andando a forzare artificialmente la crescita delle pinete. Queste pinete artificiali, sebbene da un lato portano ad un ulteriore consolidamento del suolo selezionando anche una diversa più matura vegetazione secondaria a graminacee (con Calamagrostis liitorea come specie dominante, molto simile a quella delle depressioni interdunali completamente interrate) dall’altro lato sono caratterizzate da un’accentuata fragilità fisiologica e strutturale, legata alla loro posizione troppo avanzata verso mare nel sistema costiero, ben visibile nei frequenti danni alle cime degli alberi bruciate sia dalla salsedine che dai freddi invernali.
La distruzione delle macchie a olivello e ginepro per far posto ai pini, priva la pineta del necessario riparo dai venti marini e dai loro effetti; inoltre la posizione troppo avanzata di quest’ultima a discapito delle zone ad olivello e ginepro fa si che le radici dei pini subiscano in maniera eccessiva gli effetti di una salinità troppo elevata per loro. Quest’ultimo principio vale anche quando a causa dell’erosione costiera, la retrocessione ed il costipamento spaziale di tutto il sistema psammofilo inizia dalla battigia e progredisce man mano verso l’interno andando a diminuire la distanza tra il l’acqua marina salata e la pineta. (10)(11)

Ammophila arenaria
Euphorbia paralias
Echiponphora spinosa
Medicago marina
Eryngium maritimum
Scolymus hispanicus

 

DUNA GRIGIA - Dietro le dune 1° e 2°, mobili perché comunque sempre soggette all’azione del vento, troviamo la prima linea di dune ormai da tempo consolidate e stabilizzate: le dune grigie.
In questo caso la superficie della duna, dopo aver subito una prima fase di stabilizzazione ad opera delle radici delle graminacee e delle altre piante tipiche costiere, viene ad essere ulteriormente consolidata da muschi, Tortula ruralis, e licheni.
Nell’arco di svariati anni questi muschi e licheni riescono a prendere il sopravvento sulle altre piante e via via formano un tappeto compatto di ricoprimento di colore grigio-marrone-grigio da cui deriva il nome. La loro azione di ricopertura oltre che impedire al vento di asportare la sabbia contrasta l’evaporazione immediata dell’acqua piovana e permette così la successiva colonizzazione della duna da parte di molte piante superiori quali l'olivello spinoso, Hippophae rhamnoides, il ginepro, Juniperus communis, ed il tamerici, Tamarix gallica. (?)

Gineprus comunis
Eliantenum nummularium
Hippopoae rahmnoides
Hippopoae rahmnoides

 


DUNA BRUNA - E dopo le dune grigie, troviamo poi il loro naturale proseguimento, se così ci è consentito dire, le dune brune: sono quelle più antiche ed in genere si trovano nelle zone retrostanti più interne. Ormai completamente consolidate, il loro colore bruno deriva dal ricoprimento di humus acido che favorisce innanzitutto la presenza del ginepro, Juniperus oxicedrus ssp.macrocarpa. Successivamente, poi, se le condizioni generali lo consentono, vi cresceranno anche il pino marittimo, Pinus pinaster, il pino domestico, Pinus pinea (non spontaneo) e, ancora più tardi, la farnia, Quercus robur, ed il leccio, Quercus ilex, andando a dar vita a vere e proprie pinete boscate come quelle tipiche delle nostre coste dell’Emilia Romagna.

Pinus pinaster
Pinus pinea
Oenothera biennis



AREE DI DEPRESSIONE INTERDUNALE - Rimangono infine le aree di depressione interdunali, avvallamenti allagati situati tra due o più cordoni di dune in cui l’acqua freatica (sotterranea) emerge dal terreno formando pozze poco profonde, a volte permanenti, più spesso solo temporanee, che ospitano tipi diversi di vegetazione a seconda dal grado di inondazione, dalla sua durata e dalla concentrazione salina delle acque. Generalmente questi piccoli specchi d’acqua vengono colonizzati innanzitutto dalla brasca (Potamogeton crispus), detta anche lattuga marina. E’ una specie annuale il cui fusto è lungo dai 20 ai 200 cm e che possiede con numerose ramificazioni con foglie brune, rosse o verde smeraldo), dalla zanichellia (Zanichellia palustris) e da muschi soprattutto del genere Hypnum.
Ai loro margini poi si possono trovare specie tipiche degli ambienti umidi interni di acqua dolce come la soldanella acquatica (Hydrocotyle vulgaris), l’iris d’acqua (Iris pseudacorus), il gramignone maggiore (Glyceria maxima), la scagliola palustre (Phalaris arudinacea), il giunco comune (Juncus effusus) e molte altre specie ancora. Quando invece le depressioni risultano frequentemente inondate, le transizioni vegetazionali con ambienti spiccatamente salmastri e quindi con tipi di vegetazione "alofila" sono la regola: dove l’acqua freatica rimane sotto la superficie, si possono sviluppare paludi salmastre con il tipico assortimento di specie alofile o sub-alofile come Glaux maritima, il giunco marittimo (Juncus maritimus), il lino d’acqua (Samolus valerandi) ed il giunchetto comune (Scirpus holoscoenus). (12). Quando invece le depressioni possiedono una posizione più interna e vengono solo temporaneamente inondate da acque salmastre prevale lo Schoeneto, così chiamato per la dominanza di Schoenus nigricans, frequente anche nei boschi litoranei, in corrispondenza delle zone più depresse e acquitrinose in inverno. Dove infine le depressioni più arretrate presentano infine soltanto un suolo umido e solo occasionalmente inondato prevalgono aspetti di vegetazione a Calamagrostis littorea, con Populus alba, Ulmus campestris e Lonicera etrusca, che preludono caratteristiche di vegetazione forestale. (10)(11)


*www.fondazionemichelagnoli.it

 

SUCCESSIONE VEGETAZIONALE DELLE DUNE SABBIOSE -